Terrore a Parigi

I gemiti si levavano, ora alti, ora sommessi, nel Thé?tre de la Porte Saint-Martin. Erano i lamenti di chi era rimasto ferito, piangeva un morto, disperava o, al contrario, invocava con tutte le sue forze l'aiuto divino o quello più materiale di qualche soccorritore in carne e ossa.

Più strazianti e acute di tutte erano le urla di dolore di una donna di quarant'anni, madre di una ragazza di venti che Théroigne de Méricourt aveva strangolato con le sue mani dopo un alterco. La disgraziata se ne stava accasciata a terra, cullando il corpo senza vita della figlia e gridando al Cielo tutta la sua disperazione.

I superstiti erano stati ammassati nel punto della platea posto ai piedi del palcoscenico ed erano accerchiati dai sanculotti armati mentre altri rivoltosi si erano distribuiti sui palchi e, da quell'altezza, tenevano tutti sotto tiro coi fucili. Alcuni rapitori giravano spavaldi fra i prigionieri, per verificare la presenza di oggetti di valore sfuggiti alla prima razzia e per minacciare o percuotere quelli che tentavano di allontanarsi, che li guardavano con piglio di sfida o, al contrario, con aria mesta e impaurita o che, semplicemente, stavano loro antipatici di faccia. Alcuni ostaggi, più intraprendenti degli altri, tentavano di avvicinarsi ai sanculotti, promettendo loro laute ricompense in cambio della salvezza e rimediandoci, in cambio, pedate, sberle e sputi.

I pianti, le suppliche e i lamenti si mischiavano agli sberleffi dei carcerieri ed erano, di quando in quando, inframmezzati da urla e scenate isteriche. Il malessere generale era acuito dall'afa di luglio che amplificava la puzza del sudore e delle defecazioni. L'assalto al teatro risaliva, infatti, a tre giorni prima e, in quel lasso temporale, la stabilità emotiva e l'igiene avevano fatto presto a declinare.

Théroigne de Méricourt si gustava la scena seduta su una poltrona al centro del palcoscenico, come una delirante regina assisa in trono.

Fra i prigionieri, c'erano la Principessa di Lamballe, i coniugi de Lavoisier, la Contessa di Polignac con la Duchessa Aglaé de Gramont et de Guiche e anche Madame de Jarjayes.

La Contessa di Polignac e la figlia avevano paura di essere riconosciute e, per questo, se ne stavano acquattate a terra, tentando di dare nell'occhio il meno possibile. Théroigne de Méricourt non aveva riconosciuto le due dame e neppure la Principessa di Lamballe e Madame de Jarjayes, perché, nell'unica occasione in cui le cinque donne si erano trovate insieme nello stesso luogo e, cioè, durante l'assalto della furia scarlatta che, il 13 luglio 1788, aveva fruttato il titolo nobiliare ad André, si era concentrata su un unico bersaglio da colpire, la Regina ed era stata impegnata tutto il tempo a comandare i suoi sgherri e a duellare con Oscar e André.

La madre di Oscar e la Principessa di Lamballe si prodigavano, invece, nel dare conforto agli altri ostaggi, a costo di subire ritorsioni e insulti da parte dei carcerieri che volevano fiaccare lo spirito delle loro vittime, stroncando sul nascere ogni tentativo di normalizzazione o anche soltanto di lenimento.

Saint Just, per ora, non era del gruppo, perché impegnato a coordinare le varie bande che stavano mettendo a ferro e fuoco la città e che, con la scusa di ribellarsi ai nobili, infliggevano violenze e saccheggi soprattutto ai bottegai e agli inermi cittadini.

Le Guardie Metropolitane si erano avvicinate al teatro, ma non erano potute entrare sia perché respinte dalla moltitudine dei rivoltosi assiepati fuori sia in quanto Théroigne de Méricourt aveva minacciato di sgozzare un prigioniero per ogni uomo da lei comandato cui fosse stato torto un solo capello.

A un certo punto, uno dei prigionieri, esasperato, si alzò da terra e, allontanatosi dal mucchio degli ostaggi, incurante dei richiami, si diresse verso l'uscita, urlando che non sarebbe rimasto un minuto di più alla mercé di una banda di zotici, capitanata da una povera pazza furiosa e sanguinaria. Sentendosi insultata e sfidata nella sua autorità, Théroigne de Méricourt si alzò dalla poltrona, balzò giù dal palcoscenico con un guizzo rapido e nervoso e, sguainata la sciabola dalla quale mai si separava, mozzò di netto la testa del malcapitato. Subito dopo, con gli occhi iniettati di sangue, salì di nuovo sul palcoscenico e, pulita la lama con la tenda del sipario, tornò a sedersi sul suo grottesco trono mentre i prigionieri gridavano per l'orrore e alcuni di essi rigettavano, per, poi, essere costretti dai sanculotti a riingoiarsi il loro vomito.

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A Palazzo Jarjayes, nello studio del Generale, era in corso, alle dieci di sera, una riunione finalizzata a mettere a punto un piano per liberare, al più presto, i prigionieri dai loro aguzzini. Apprendere che, fra gli ostaggi, c'era anche la Contessa de Jarjayes aveva gettato nell'angoscia Oscar e il Generale che, però, da militari di lungo corso ed esperti strateghi, non avevano reagito cedendo allo sconforto, ma, al contrario, dando prova di spirito combattivo e grande intraprendenza.

– Occorre entrare in quel dannato teatro senza spargimenti di sangue per non mettere a repentaglio la vita dei prigionieri – disse, senza troppi preamboli, il Generale.

– Ma è impossibile! – replicò Alain, invitato alla riunione insieme al Colonnello d'Agout che lo guardò con severità, non approvando che un soldato semplice contraddicesse apertamente un militare di grado superiore, per giunta molto più nobile e anziano di lui – Già avvicinarsi al teatro richiederà sforzo e battaglia, visto il gran numero di rivoltosi che sono assiepati fuori, ma sperare di entrarci senza spargimenti di sangue è pura follia!

– Non la penserai più così, Alain, dopo che avrai udito le ultime novità – intervenne Oscar, con tono deciso – Sir Percy, Vi prego, dite a tutti quello che ci avete riferito.

– Sono qui su ordine del Principe di Galles, quale messaggero del Vescovo de Talleyrand Périgord – intervenne Sir Percy Blakeney, con voce calma e chiara – Sua Eccellenza ha inviato alla Regina una missiva il cui contenuto, su autorizzazione di Sua Maestà, sto per riferirVi. Ebbene, sappiate che cinquanta uomini stanno giungendo in Francia dal Belgio, terra natale di Théroigne de Méricourt, per costituire la guardia personale di…. quella gran dama – concluse, ironicamente, Sir Percy, memore degli improperi che si era buscato, duellando con la furia scarlatta, in occasione del salvataggio di Oscar dalla fortezza in cui era stata reclusa cinque anni prima.

– E sarebbe questo il verbo che stavamo aspettando?! – esclamò Alain, ancora teso come una corda di violino dopo la morte del parente, mentre il Colonnello d'Agout lo fulminava con un'occhiata spazientita – La madre del Comandante rischia la vita e Voi ci venite a dire che dovremo vedercela con cinquanta energumeni malati di mente in più?!

– Il Vescovo de Talleyrand ha pure riferito che, dal Belgio, è stato inviato un corriere a Théroigne de Méricourt – proseguì Sir Percy senza scomporsi – e, a questo punto, cedo la parola a mia cugina.

– Con un'operazione militare organizzata all'ultimo minuto, questo pomeriggio, siamo riusciti a intercettare e a catturare il corriere – si inserì Oscar, schiarendosi la voce – Quest'ultimo, dapprima, si rifiutò di aprire bocca. Poi, dietro minaccia di essere fucilato per spionaggio entro quarantotto ore, riferì che i cinquanta uomini inviati in Francia si sono nascosti nel Bois de Boulogne e che, domani mattina alle sei, Théroigne de Méricourt vi si dovrebbe recare per accoglierli.

Mentre parlava, Oscar indicò un punto su una mappa stesa sul tavolo.

– In breve – proseguì la donna – mi sono procurata degli indumenti rossi e delle armi del tutto simili a quelli usati da Théroigne de Méricourt, così che, fra otto ore, mi presenterò io all'appuntamento, seguita, a poca distanza, da un manipolo di Guardie Reali. In questo modo, li staneremo e li cattureremo. Dopo di che, alcune Guardie Reali indosseranno gli abiti dei belgi e, così camuffate, si recheranno al Thé?tre de la Porte Saint-Martin per presentarsi a Théroigne de Méricourt che, ovviamente, non essendo stata raggiunta dal corriere, non sarà a conoscenza del fatto che l'incontro sarebbe dovuto avvenire nel Bois de Boulogne. Una volta che i nostri uomini saranno entrati nel teatro con l'inganno, mezza impresa sarà compiuta, perché, mentre una parte di loro terrà impegnati i sanculotti, gli altri ci apriranno le porte e aiuteranno i prigionieri a fuggire attraverso quest'abbaino.

Oscar indicò, su una seconda mappa, una finestra del teatro che dava sui tetti.

– A questo punto – terminò Oscar, guardando il Colonnello d'Agout e Alain – entreranno in azione le Guardie Metropolitane che stazioneranno sul tetto, col duplice compito di issare gli ostaggi dall'abbaino e di presidiare dall'alto le vie circostanti.

– Il piano è molto ingegnoso e studiato nei minimi dettagli, Comandante – intervenne Alain mentre il Colonnello d'Agout tossicchiava – Ma come faremo noi a salire sul tetto e Voi a raggiungere le porte del teatro, se i sanculotti vi si sono asserragliati tutt'intorno e impediscono a chiunque di avvicinarsi?

– Il Generale de Bouillé e il Principe de Lambesc sferreranno un attacco al di là de la Porte Saint-Martin e i sanculotti non potranno fare altro che accorrere in soccorso dei loro compari, rispondendo al fuoco – disse il Generale de Jarjayes.

– E chi controllerà il Generale de Bouillé e il Principe de Lambesc? – domandò Alain, che non nutriva alcuna stima per quei due ufficiali mentre il Colonnello d'Agout era sul punto di cedere alle convulsioni.

– Io – rispose, semplicemente, il Generale.

– Ma, alla fine, perché questi matti si sono presi la briga di sequestrare quei poveri disgraziati? – incalzò Alain, affiancato da un Colonnello d'Agout che non sapeva più come mantenere la sua proverbiale calma.

– Per lo stesso motivo per cui sono in atto tutti questi disordini: costringere il Re all'abdicazione – disse Oscar – Soluzione che la Regina, ovviamente, non può avallare.

– Comandante – intervenne Madame de Girodel che, a parte Oscar, era l'unica donna presente alla riunione – Voi dovreste guidare i Vostri uomini insieme a mio marito e al Capitano de Valmy mentre, come esca, siete sprecata. Oltretutto, non sareste credibile nei panni di Théroigne de Méricourt. I Vostri capelli sono biondi e Voi siete più alta di lei. Tenete anche presente che siete un personaggio noto in tutta Europa ed è possibile che quegli uomini abbiano già visto un Vostro ritratto da qualche parte. Lasciate che sia io a travestirmi. Sono più anziana di Théroigne de Méricourt di pochi anni e la mia altezza e la mia corporatura sono simili a quelle di lei, per non parlare del castano dei miei capelli che si avvicina al colore della chioma di quella donna.

– E fuori questione! – esclamò il Colonnello de Girodel – Voi Ve ne starete a casa con i nostri figli! E' troppo rischioso! Quegli uomini, provenendo dal Belgio, potrebbero avere già incontrato Théroigne de Méricourt e accorgersi dello scambio di persona!

– Voi attacchereste subito, quando io starei ancora a una certa distanza da loro e, in ogni caso, il problema di essere scoperti sorgerebbe anche se fosse il Comandante a fare da esca e, anzi, lei assomiglia ancora meno di me a Théroigne de Méricourt – ribatté, con fermezza, la signora.

– Il Comandante è un soldato sin dalla culla mentre Voi siete una civile inerme! – replicò il marito, pallido come uno spettro.

– Voi rischiate la vita tutti i giorni! Che male c'è, se, una volta tanto, io Vi do una mano? Oltretutto, avrei dovuto accompagnare la Principessa di Lamballe e Madame de Jarjayes a teatro e, se non l'ho fatto e, adesso, sono libera, è soltanto perché, all'ultimo momento, è venuta la febbre a nostra figlia!

Udendo la moglie del Colonnello definire la piccola ?lisabeth Clotilde "sua figlia", il Conte di Fersen avvertì una stretta al cuore.

– Comandante – aggiunse, rivolta a Oscar, Madame de Girodel – Se incaricate subito la Vostra Rosalie di adattare l'abito rosso a me, sono sicura che riusciremo ad arrivare al Bois de Boulogne in tempo per l'appuntamento.

Oscar annuì, guardando con ammirazione la donna, dopo avere lanciato una fugace occhiata a Girodel che teneva gli occhi rivolti verso il basso e aveva il volto bianco come un cero.

Dopo che la riunione fu sciolta, Girodel prese, fra le sue, le aggraziate mani della moglie e, con voce rotta dalla commozione, le sussurrò:

– Mia adorata, Vi prego di ripensarci!

– Mio caro – rispose, con tenerezza, la donna – Voglio dare il mio contributo e, poi, non corro alcun pericolo con Voi che vegliate su di me…. E ora, scusatemi, ma devo andare…. ? arrivata Rosalie….

Mentre Madame de Girodel raggiungeva Rosalie che aveva fatto capolino sulla soglia dello studio del Generale, il Capitano de Valmy si avvicinò al Colonnello e gli disse:

– Non preoccupateVi, Signore, Vi aiuterò io a proteggere Vostra moglie! Non la perderemo d'occhio un solo istante!

Girodel guardò il giovane con gratitudine.

Contemporaneamente, nell'atrio del palazzo, dove si erano recati per accompagnare alla porta il Colonnello d'Agout e Alain, Oscar prese per un braccio André e, adagiandogli le mani sul torace, gli disse:

– André, non c'è bisogno che tu mi accompagni. Sei un civile e sono anni che non partecipi alle missioni militari….

– Non sono arrugginito al punto tale da essere diventato un ferro vecchio – scherzò l'uomo, stringendo le mani della moglie.

– Lo so – replicò lei – Ma mi sentirei più sicura se tu restassi a palazzo.

– Sono affezionato a tua madre come se fosse la mia e il mio cuore non avrebbe pace, sapendoti in pericolo.

– André, se succedesse qualcosa a entrambi, i nostri figli rimarrebbero soli….

– Non preoccuparti, Oscar, sono in buone mani – rispose lui, con un sorriso rassicurante – E, comunque, nulla di male potrà accaderci finché saremo uniti.

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Abbigliata di scarlatto, in groppa al cavallo, ostentando una tranquillità che non aveva, Madame de Girodel incedeva per i viali alberati e solitari del Bois de Boulogne, in un'ora in cui qualsiasi brutto incontro sarebbe stato un evento più che normale. Col cuore che le batteva convulsamente nel petto, stringeva forte le redini, imponendosi di non tremare e sentendosi fiera di essere di aiuto al salvataggio delle sue amiche e alla buona riuscita di una missione a cui prendeva parte il marito. Il proposito di riscattare, in questo modo, un matrimonio contratto senza dote e, soprattutto, il passato da usuraio del padre, che mai l'aveva fatta sentire completamente degna della famiglia del marito, le infondeva coraggio nel cuore, fermezza nei pensieri e risolutezza nei gesti.

Le prime luci del mattino, che filtravano attraverso i rami frondosi, erano schermate dal cappello ad ampie tese piumato di rosso, lasciando in ombra il viso pallido della donna.

La confortava il pensiero che il marito, nascosto sui rami degli alberi al pari delle altre Guardie Reali, non poteva guardarla in volto e negli occhi né, tantomeno, capire cosa si stesse agitando nell'animo di lei.

D'un tratto, udì alcuni rumori di rami spezzati che, provenendo dal sentiero e non dall'alto degli alberi, non potevano che essere la conseguenza del sopraggiungere degli uomini di Théroigne de Méricourt. Dopo avere impercettibilmente tremato, la donna diede un lieve colpo di tacco al fianco del cavallo, così da indurlo ad andare avanti.

In quel mentre, un uomo spuntò da dietro un tronco e, con un inequivocabile accento belga, le domandò:

– Siete Théroigne de Méricourt?

– Sì – rispose, con tono deciso, Madame de Girodel, null'altro aggiungendo, per ridurre al minimo le possibilità di essere smascherata e avendo cura di mantenere la tesa del cappello ben calata sul volto.

Malgrado la paura, si sforzava di cavalcare a schiena dritta, tentando di imitare l'andatura impettita e spavalda della ribelle belga.

All'udire quella conferma, molti altri uomini lasciarono il loro nascondiglio dietro gli alberi e si diressero verso la donna e il cavallo.

Tutto sembrava procedere per il meglio, quando uno dei belgi urlò:

– Non è Théroigne! Io la conosco bene! Non è lei!

Contemporaneamente, ma un istante dopo che il cavallo, vedendo gli uomini corrergli incontro, ebbe iniziato a impennarsi e a scalpitare, puntò il fucile contro la signora e fece fuoco.

Dall'alto dei rami, il Colonnello de Girodel e il Capitano de Valmy spararono, a loro volta, allo sgherro mentre Madame de Girodel cadeva a terra e Oscar, André, Fersen e le Guardie Reali piombavano a sorpresa sui belgi che, non aspettandosi quell'imboscata, furono subito ridotti a mal partito.

Mentre Oscar assestava con abilità fendenti e montanti, sfrecciando nel viale come una saetta turchese e André, Fersen e il Capitano de Valmy la seguivano, sferrando, anche loro, affondi e coupés, il Colonnello de Girodel si precipitò sul corpo inerte della moglie, afferrandolo e stringendolo a sé con braccia tremanti. L'Ufficiale Medico, che l'aveva raggiunto pochi istanti dopo, esaminò la ferita della donna e disse:

– Il cavallo, impennandosi, ha spostato Vostra moglie dalla traiettoria del proiettile, impedendo alla pallottola di raggiungere il cuore. Le condizioni di lei sono, comunque, molto gravi. Fatela trasportare a casa distesa su un carro, senza scossoni e tamponatele la ferita, così da evitare il dissanguamento.

Oscar, che era sopraggiunta, non ebbe il coraggio di accostarsi a Girodel, sentendosi in colpa per avere autorizzato la partecipazione della moglie alla missione nonostante le riserve di lui. André, invece, si inginocchiò accanto al Colonnello e gli mise una mano sul braccio, sussurrandogli parole di conforto.

Dopo avere deglutito, Oscar disse:

– Colonnello, siete esonerato dal proseguire la missione. Tornate a casa e prendeteVi cura di Vostra moglie.

I sopravvissuti furono messi ai ferri e sia i vivi sia i morti furono spogliati. Recuperati gli abiti meno sbrindellati e insanguinati, le Guardie Reali si travestirono, così come stabilito da Oscar.

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Nel Thé?tre de la Porte Saint-Martin, dopo cinque giorni di prigionia, gli ostaggi erano stremati, digiuni e costretti a dissetarsi con acqua sporca. Il tanfo dei cadaveri aveva raggiunto livelli insopportabili e, insieme al caldo, induceva i sanculotti ad agitarsi e a bestemmiare più del consueto.

A un tratto, entrò Saint Just per parlare con Théroigne de Méricourt.

– Théroigne, dove siete? – domandò l'angelo della morte, voltandosi di scatto a destra e sinistra – Ehi, ma cos'è questo fetore?! Dove siete?

La scorse, subito dopo, seduta al centro del palcoscenico e, alzando gli occhi al cielo, disse:

– Gli uomini del Generale de Bouillé e del Principe de Lambesc hanno assaltato la Porte Saint-Martin e il Generale de Jarjayes è giunto a dare loro manforte. Prestatemi i vostri uomini e fate rimanere qui soltanto i pochi che sono necessari a sorvegliare gli ostaggi. Non ce ne vorranno molti dopo che li avremo legati mani e piedi!

Si voltò, quindi, verso i prigionieri, per valutare quanti fossero, quando lo sguardo di lui cadde sul viso della Principessa di Lamballe mentre la Contessa di Polignac e la figlia erano acquattate e seminascoste.

– Ma questa la riconosco! – esclamò Saint Just – ? la Principessa di Lamballe! Ha lo stesso volto di uno dei personaggi che compaiono nei libelli osceni sull'austriaca!

Théroigne de Méricourt avvampò per la vergogna e la stizza di non avere fatto lei quella scoperta.

Pochi istanti dopo, alcuni sanculotti si avvicinarono minacciosamente coi pugni tesi e urlarono:

– Portiamola fuori, davanti alla porta del teatro e linciamola in pubblico, come monito per quei nobili fetenti e per la cagna austriaca!

– Sììììììììììììì! – gridarono gli altri.

– Fermi! – supplicò Madame de Jarjayes, desiderosa di salvare l'amica più giovane – Lasciatela stare! Prendete me! Sono la Contessa de Jarjayes!

– E' la moglie di quel vecchio monarchico e la madre della donna con l'uniforme! – esclamarono alcuni.

– Facciamole a pezzi entrambe! – urlarono altri.

Alcuni sanculotti afferrarono con mala grazia le due donne e le trascinarono fuori dal teatro mentre Théroigne de Méricourt e Saint Just litigavano di santa ragione, perché lui rimproverava a lei di non avere riconosciuto due ostaggi così importanti e lei rinfacciava a lui di essersi dileguato per vigliaccheria e di avere lasciato tutto sulle spalle di lei.

Proprio in quel momento, le Guardie Reali travestite entrarono nel teatro, ma non si accorsero che, accanto a loro e in direzione opposta, stavano camminando le prigioniere che, essendo accerchiate dai sanculotti, non erano visibili.

Quando Oscar, che era rimasta davanti al teatro, vide la madre trascinata fuori dall'edificio, zoppicante e col braccio levato a ripararsi gli occhi, ormai da cinque giorni abituati alla penombra, ebbe un sussulto e non riuscì a contenere l'impulso di lanciarsi in soccorso di lei. André, però, la trattenne provvidenzialmente, impedendole di commettere una pazzia che avrebbe compromesso la sopravvivenza di entrambe oltre a quella della Principessa di Lamballe.

Contemporaneamente, il Generale de Jarjayes, che partecipava agli scontri de la Porte Saint-Martin e che, nonostante l'età, ci vedeva benissimo, si accorse che la moglie era stata portata davanti al teatro e, spronato il cavallo, si lanciò al galoppo in soccorso di lei.

Vista la scena dal tetto dell'edificio, Alain e Lasalle spararono in testa agli uomini che tenevano ferme le due prigioniere. Queste, ritrovandosi inaspettatamente libere, malgrado gli acciacchi, iniziarono a correre verso Oscar e le Guardie Reali. La Principessa di Lamballe sosteneva Madame de Jarjayes che zoppicava mentre l'anziana donna esortava l'amica più giovane a lasciarla e a mettersi in salvo.

Sfrecciando come un fulmine, sopraggiunse il Generale che spaccò in due il gruppo dei sanculotti, precipitandoli nel caos. Di questa situazione approfittarono le Guardie Reali che, a un cenno di Oscar, si scagliarono contro il nemico.

Il Generale scese da cavallo e corse incontro alle due donne, abbracciando la moglie e domandando a entrambe come si sentissero.

Oscar, André, Sir Percy, Fersen e il Capitano de Valmy iniziarono a tirare di scherma con maestria, mettendo a mal partito i sanculotti, aggressivi e nerboruti, ma rozzi nella tecnica e privi di arguzia. Mentre la battaglia infuriava, Oscar e Sir Percy si trovarono spalla a spalla.

– Sir Percy – urlò Oscar per farsi sentire – Non credete che, a quest'ora, i nostri avrebbero già dovuto aprirci la porta e i primi prigionieri sarebbero dovuti sbucare dall'abbaino?!

– Stavo pensando la stessa cosa!

– Capitano de Valmy, André, copriteci le spalle mentre noi tentiamo di entrare da quella finestra!

Mentre il Capitano de Valmy e André facevano quanto loro richiesto, Oscar e Sir Percy si arrampicarono sul muro del teatro.

All'interno, intanto, le Guardie Reali travestite si erano avvicinate a Théroigne de Méricourt che, avendo visto avanzare quella che credeva essere la sua guardia personale, aveva fissato Saint Just con aria di supponenza e di sfida.

Giunte ai piedi del palcoscenico, però, le Guardie Reali, anziché omaggiare la folle belga, avevano circondato i prigionieri e sparato ai sanculotti, uccidendone molti, a partire da quelli che, imbracciando i fucili dai palchi, tenevano tutti sotto tiro. I superstiti, purtroppo, avevano reagito con rapidità, sbarrando le vie di fuga, così che le Guardie, pur prevalendo per tecnica, erano state sopraffatte dal numero degli avversari e relegate in una situazione di stallo.

Mentre le Guardie Reali languivano in questo cul de sac, si udì un fragore dall'alto, accompagnato da una pioggia di vetri rotti e dall'immagine di Oscar e di Sir Percy che balzavano sul pavimento, dopo avere sfondato la finestra.

Appena ebbe messo piede a terra, Sir Percy montò sul palcoscenico e, dopo essersi esageratamente inchinato a Théroigne de Méricourt, le pose in grembo una primula rossa che aveva estratto dal giustacuore e, con voce ironica, disse:

– Offro questo fiore alla più delicata e soave dama di Parigi!

Mentre Théroigne de Méricourt ringhiava e gli altri presenti stavano ancora a bocca aperta, i due cugini si frapposero fra le Guardie Reali e i sanculotti, costringendo questi ultimi a indietreggiare e a cedere posizioni mentre loro, con ineguagliabile abilità, raddrizzavano le sorti dello scontro. Piazzatisi in due punti strategici, infatti, guardavano le spalle sia alle Guardie andate ad aprire le porte del teatro sia a quelle che scortavano i prigionieri verso l'abbaino.

Appena le Guardie Metropolitane, che stazionavano sul tetto, ebbero visto spuntare i primi ostaggi, si precipitarono verso l'abbaino, lasciando ad Alain, che era il più forte, il compito di issare i fuggitivi. L'uomo iniziò a sollevare i prigionieri, anche quelli più corpulenti, neanche fossero stati dei fuscelli e continuò a farlo per quasi cinque minuti, finché non vide la Contessa di Polignac e la figlia con le braccia protese verso di lui. Memore del ruolo avuto dalle due donne nelle disavventure della sorella che, a causa loro, aveva quasi rischiato lo stupro, fu colto dal primo impulso di ricacciarle indietro con una spinta, anziché condurle verso la salvezza. Stava per farlo, quando il senso dell'onore e un moto di compassione lo trattennero, ricordandogli che, in qualità di soldato e di uomo forte e vigoroso, avrebbe dovuto proteggere i deboli, indipendentemente dalla moralità di essi e non approfittarsi del proprio ruolo per regolare i conti. Dopo la morte del cugino, non voleva più sporcarsi le mani di sangue non strettamente necessario e privare del sostegno un prigioniero, per giunta donna, sarebbe stato un atto vile, abominevole e degno di quelle due scellerate, ma non di lui. Decise, quindi, di aiutare le due donne, alle quali, però, voltò le spalle subito dopo, incurante dei loro ringraziamenti, concentrato com'era nel portare in salvo gente migliore.

Le altre Guardie Reali, dopo l'apertura delle porte, fecero irruzione nel teatro, con André che, malgrado la sua condizione di civile, correva davanti a tutti, in preda al desiderio spasmodico e quasi fisico di rintracciare Oscar. Vedendola sana e salva, avvertì un senso di profondo sollievo e si precipitò al fianco di lei che gli sorrise.

Durante i dieci minuti successivi, i due coniugi tirarono di scherma fianco a fianco, finché i sanculotti furono sconfitti e catturati.

Fatta la conta dei morti e dei superstiti e requisiti dalle tasche degli uni e degli altri i preziosi che, successivamente, sarebbero stati restituiti ai legittimi proprietari, i militari si avvidero, con disappunto, che Théroigne de Méricourt e Saint Just erano sfuggiti sia alla morte sia alla cattura. Quando Oscar se ne fu accorta, gettò, con stizza, la spada per terra mentre André reagì in modo più misurato, ma ugualmente infastidito.

Il Generale de Jarjayes, intanto, aveva iniziato a dirigere le operazioni di evacuazione del teatro mentre la moglie e la Principessa di Lamballe si erano messe a prestare soccorso agli ex compagni di sventura che, cessato il pericolo, erano stati ricondotti dal tetto all'interno dell'edificio. La Contessa di Polignac e la figlia cominciarono a vantarsi come due pavoni di avere compiuto atti eroici, ma nessuno prestò loro fede e qualche ghigno sprezzante si colse qua e là.

André, che, dal basso, aveva assistito al salvataggio delle due nobildonne e che, in cuor suo, sapeva quanto Alain le detestasse e fino a che punto fosse traumatizzato dalla morte del cugino, si accostò all'amico e, senza aggiungere altro, gli disse:

– Sei un grand'uomo, Alain!

– Piantala, Grandier, non rompere le palle – gli rispose il soldato, nel tentativo di darsi un contegno.

Subito dopo, però, si accasciò a terra e scoppiò convulsamente in lacrime mentre André gli faceva scudo col suo corpo, per evitare che i commilitoni fossero testimoni di quel momento di debolezza.

Quando il teatro fu interamente evacuato, Oscar si avvicinò ad André e i due coniugi, sfiniti, si abbracciarono.

– Hai visto? – scherzò André, scostando una ciocca di capelli dal viso di lei e porgendole un fazzoletto affinché si tamponasse un graffio alla mano – Restando uniti, abbiamo portato a casa la pelle ancora una volta!

– André, i disordini a Parigi sono stati parzialmente sedati, ma non sono ancora del tutto terminati, senza contare che Théroigne de Méricourt e Saint Just sono a piede libero e, sicuramente, ce l'hanno a morte con noi. Potrebbero attuare delle ritorsioni, assaltando Palazzo Jarjayes, tendendoci delle imboscate o commettendo qualsiasi altra scelleratezza…. Suggerisco di mandare Honoré e Antigone ad Arras, finché le acque non si saranno calmate.

– Sono perfettamente d'accordo con te, Oscar – le rispose il marito, appoggiandole delicatamente le mani sugli avambracci – e, anzi, stavo per proporti la stessa cosa.

Durante le stragi del settembre del 1792, Théroigne de Méricourt strangolò davvero una giovane aristocratica a mani nude e mozzò la testa, con un colpo di sciabola, a un giornalista monarchico che l'aveva derisa.

Le macchinazioni della Contessa di Polignac e della figlia ai danni di Oscar e di André che coinvolsero la sprovveduta Diane sono descritte nel trentasettesimo capitolo. L'assalto della furia scarlatta si trova nel quindicesimo mentre la missione per salvare Oscar dalla fortezza e l'esilarante duello fra Sir Percy Blakeney e Théroigne de Méricourt sono narrati nel ventottesimo capitolo. I fatti che portarono i coniugi de Girodel a essere i genitori putativi di ?lisabeth Clotilde appartengono al quarantunesimo capitolo.

Il personaggio di Sir Percy Blakeney proviene dal ciclo dei romanzi dedicati alla Primula Rossa della Baronessa Emma Orczy e dai film e dagli sceneggiati che ne sono stati tratti.

Come sempre, grazie a chi legge e recensisce!